giovedì 1 agosto 2013

Eredità lontane

In casa Rufini la cucina era della nonna Lea, affiancata dalla mamma nei weekend.
La nonna secondo me, non amava cucinare, lo faceva per necessità e non mi ha mai insegnato a farlo.
Intenzionalmente, intendo, perché quando preparava ragù, pommarola, fagioli all'uccelletto, panzanella, pappa al pomodoro, roast-beef, pollo alla cacciatora, spezzatino, trippa in umido o in insalata d'estate, panzanella, buglione di verdure, minestra di ceci o fagioli, zucchine tonde ripiene, io la guardavo e qualcosa ho appreso.

Anche io inizialmente non avevo interesse per la cucina, ma quando Lorenzo ha iniziato a frequentare la materna, io mi sono trovata con tanto tempo a disposizione e ho cominciato a riempirlo facendo esperimenti in cucina.
In breve ho capito che mi piaceva, che ero portata e che riuscivo bene.
Cucinare per me vuol dire tante cose: è esprimere amore per le persone per le quali cucino, in primis me stessa, dare sfogo alla creatività, è qualcosa che mi calma, mi fa sentire centrata e mette ordine nei miei pensieri, come lo yoga e la mia attività di volontaria in biblioteca.

Spesso mi sono chiesta, senza trovare risposta, da chi potessi aver ereditato questa inclinazione alla cucina, questa passione.
E un giorno mi si è accesa la famigerata lampadina: da Ismena, la zia materna della mamma.
Lei abitava a Montalcino, ci andavamo ogni tanto nel weekend e stavamo da lei per qualche giorno in più coi nonni, durante il mese di Agosto.



                                  Foto tratta dal web: Montalcino


Il fulcro della sua grande casa in paese era la cucina dove lei trascorreva gran parte del tempo: c'era un grande camino, enorme, sopratutto ai miei occhi di bambina, sempre acceso in inverno, con una gran cappa. Alla sua sinistra una porta bianca si apriva su una scala, in parte adibita a dispensa, che conduceva alla soffitta.
Quando Ismena cucinava si dedicava completamente a questa attività, poteva prender fuoco la casa, ma lei non si sarebbe mai allontanata da quella stanza.
Cucinava senza affanno, in scioltezza, con piacere, anche cose lunghe e complicate, anche all'ultimo minuto.
Io ricordo distintamente il profumo del sugo, del vino sfumato che ti accoglieva entrando in casa, già mentre salivi le scale.
Faceva la sfoglia in quattro e quattr'otto: guardavo rapita la fontana, le uova rotte, il suo modo di inglobare velocemente uova e farina con la forchetta e l'altra mano che girava intorno alla fontana, quasi accarezzando la farina. Poi stendeva la sfoglia, veloce, con movimenti precisi e adagiava questi lenzuoli giallo chiaro sui letti gemelli in una delle camere, per farli seccare un po'.
Quindi con un coltello dalla lama molto sottile e molto vecchia creava tagliolini, tagliatelle, capellini per il suo brodo.
Per me era una maga, capace di creare delle cose meravigliose e preziosissime: il brodo, appunto, la scottiglia, il cinghiale in dolce e forte, il coniglio, gli arrosti, le marmellate, i funghi, i sott'oli, i dolci semplici e gustosi.

Mi dispiace non avere le sue ricette; se oggi fosse viva, vorrei sapere tutto da lei, avrei mille domande, vorrei che mi insegnasse tutto. Ma allora ero troppo piccola, una bambina davvero e quando ero più grande, purtroppo non ero interessata. Oggi mi mangio i gomiti!!

Non mi ha mai raccontato molto della sua vita, ma da quello che ho saputo via via dalla mamma che ha vissuto con lei e suo marito per tanti anni, era una donna un po' sui generis per i suoi tempi: fumava, guidava, prendeva parte alla caccia al cinghiale...era un'ottima cuoca, conosceva le cose della campagna, ha avuto dei cani, era bravissima con l'uncinetto, amava le piante, aveva la casa piena di cose antiche che a me allora sembravano solo vecchie.

I giorni trascorsi da lei a Montalcino significavano per me l'immersione totale in un mondo molto diverso dal mio, da quello di città.
Anche se ero piccina, capivo bene che lì la natura, gli animali erano più vicini, più a portata di mano, che la dimensione di quel mondo era più piccola, silenziosa, più lenta, affascinante per me. Già allora.
E forse non è un caso che abbia tanto apprezzato queste caratteristiche quando le ho ritrovate qui, a Scorcelletti, che le abbia sentite, in un certo qual modo, familiari, che le abbia come riconosciute.
Con il nonno Mario facevamo delle camminate infinite su e giù per il paese, per comprare il pane, le pizzette, gli spumini, gli ossi di morto e i cavallucci alla Pasticceria Mariuccia.
Il nonno anche lì era il mio Cicerone!!




                             Foto tratta dal web: Montalcino

Aspettavo tutta eccitata come solo i bambini sanno esserlo, la passeggiata dal paese alle Carbonaie, giù per la collina, lungo uno stradello in mezzo ai campi, con un sacco di piantine di finocchio selvatico con quegli ombrellini bianchi e profumati.

Ma il momento più atteso era la "gita" al podere di San Lorenzo.
Quella per me, bambina sotto i 10 anni, era un'altra dimensione, dove potevo diventare completamente libera e un po' selvatica.
Una dimensione in cui si entrava lasciando la strada asfaltata e imboccandone una sterrata. Era estate e si sollevava un gran polverone.

Ricordo che mi incollavo a Luciano, mio coetaneo, lo seguivo come un'ombra e volevo fare tutto quello che faceva lui.
Senza ovviamente riuscirci, perchè non lo sapevo fare, mi mancava l'abitudine.
Ma mi divertivo, oh se mi divertivo!!
Galline, piccioni, le mucche nella stalla e laggiù in fondo all'aia una Vecchia Fiat 850 senza pneumatici, appoggiata su dei mattoni e noi liberi di starci dentro.

E la merenda generosa, in quella grande cucina, lassù in cima alla scala, con quel formaggio pieno di carattere, quel prosciutto asciutto, pieno di sapore, il pane croccante.
E i bicchieri di vino rosso, così scuro da sembrarmi quasi nero!
Ce ne andavamo sempre carichi di ottimo cibo ed io mi sentivo felice. Di certo più libera che ai giardini!!

Quando ripenso a San Lorenzo vedo la foto di mio fratello, seduto con le sue gambe magroline su un albero di susine.

Se vi ho incuriosito, fatevi un giro qui   http://sanlorenzomontalcino.it/prova-mani/
Luciano, il bambino con gli occhi vispi, è cresciuto e sta facendo un eccellente lavoro.
E io conto di tornare, prima o poi, a vedere quei posti. Per sentire il profumo!

Oggi aggiungo queste foto così il post è veramente completo!!
Ringrazio Luciano per aver ripescato queste immagini ed avermele mandate: hanno reso più tangibili i miei ricordi!






4 commenti:

  1. Che belli i ricordi che si trasformano in eredità, bella la tua passione per la cucina da cui spesso prendo spunto

    RispondiElimina
    Risposte
    1. invecchiando è come se tutti i ricordi andassero al loro posto, come in un incastro magico. E a volte mi sorprende che siano ancora così forti e vivi!!!

      Elimina
  2. Lucia, che bel regalo per il primo di agosto.......... Ismena che grande donna, la ricordo benissimo, veniva spesso a Sanlorenzo, la ricordo quando per le nostre comunioni veniva ad aiutare mia nonna Adele a preparare il pranzo, era una cuoca sopraffina. Ricordi che si accavallano :-) Ma come era bello per me che passavo l'intera estate al podere ed ogni visita era l'occasione per stroncare la noia.
    Vado a ricercare le foto e torno indietro nel tempo............

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Le mie di foto, Luciano, sono a casa a Firenze. Quando ci vado a Settembre, me le porto via ;-) saluta i tuoi lì!

      Elimina