domenica 30 luglio 2017

Un amore per sempre

Anche se sono quasi 14 anni che non c'è più, non passa giorno che il nonno Mario non sia con me. Lo ricordo spontaneamente, senza neanche pensarlo, per un'infinità di piccoli, quotidiani motivi. È in tante cose che vedo, che faccio. Che sono.

La leggenda familiare narra che, accompagnando lui mia madre in maternità perché mio padre non poteva guidare a causa di una periartrite alla spalla, abbia detto, fra il serio e il faceto, alla povera, giovanissima primipara: "E se non fai una femmina, non t'azzardare a tornare a casa!"

Voleva una nipote femmina. Ha avuto me. Che alla nascita dovevo essere bruttina: niente colorito roseo, gracile (2,6kg), peli neri sul dorso delle mani e sulla schiena.

Insomma, la figlia di Fantozzi!

Eppure lui mi ha venerata da subito, ha fatto di me il centro della sua vita, l'oggetto del suo amore incondizionato e senza fine, il Motore immobile che muoveva tutto il resto

Ho passato tantissimo tempo con lui nella fanciullezza e nella prima adolescenza e questo ha lasciato un'impronta indelebile in me, viva ancora oggi, e ha reso fortissimo il legame che c'era fra noi. 

Mi portava dappertutto, fin da piccolissima, a piedi, in autobus, in centro a farmi conoscere la città, a rimirarla, a riempirmi di orgoglio per essere nata proprio lì, dai tappezzieri cui riforniva i materiali, in banca, a far la spesa.

Ogni uscita con lui era una gioia, un'avventura, ero sempre eccitata, sceglievo sempre vestitini carini, sapevo che mi sarei divertita, che non mi sarei annoiata a camminare con lui, stretta alla sua mano, le gambine veloci per stare dietro al ritmo del suo fierissimo passo. Volavo appesa alla sua mano. Un volo leggero, meraviglioso, sicuro, pieno di meravigliose scoperte. Questa è l'immagine che conservo del mio tempo bambino con lui...i passatempi, i giochi di parole, i castelli di sabbia con tutti i pinnacoli, gli interminabili bagni in mare, le ore in cantina a piantar chiodi mentre lui restaurava mobili o ne costruiva di nuovi, l'incanto e la soggezione mentre me ne stavo attaccata alle sue gambe, il manubrio della carrozzina a  quadretti bianchi e blu con la bambola dentro serrato nella mia manina, nella meravigliosa sede della Cassa di Risparmio di Firenze in via Bufalini, quell'odore che c'era lì, le scale a vista, il soppalco che mi sembrava sospeso in aria, il soffitto, le impiegate vestite con cura ed eleganza.

Non usciva mai senza giacchetta, il nonno, neanche in piena estate. I pantaloni corti solo al mare, mai in città. Mai. Aveva sempre una bustina della spesa perfettamente e meticolosamente ripiegata in tasca, non usava il borsello ma una sorta di busta porta documenti chiusa su un lato e mezzo da una cerniera d'argento.

Ogni anno, dal 1 al 15 luglio io e mio fratello stavamo con i nonni al mare, spiaggia a Viareggio, casa in affitto al Lido di Camaiore. 

Le 6:30, un cucinino piccino picciò, la moka sul fuoco, io che mi metto lo smalto bianco perlato sulle unghie delle mani, lui che riempie le caselle del cruciverba con lettere sottili e perfette, dal transistor acceso ci culla, con voce rassicurante, intervallata a lunghe pause di silenzio, il bollettino del mare con gli avvisi ai naviganti...



E poi sulla spiaggia, mentre la nonna faceva una mezz'ora di bagno di sole per curare la spina, come diceva lei, noi si leggeva il giornale, che mi facevo piegare da lui, abilissimo ad eludere le folate di maestrale, vicini vicini, anche se sul lettino c'era molto posto.

Ero io che lo seguivo come un'ombra, che mi appoggiavo alla sua schiena, SICURA che non si sarebbe MAI spostato...

Niente, resto della convinzione che ho già espresso: nessuno mi amerà mai più di lui...con quella luce, quello sguardo adorante negli occhi...