martedì 15 aprile 2014

Schiacciata alla fiorentina...di primavera

Per quanto riguarda l'argomento cibo, mio marito continua a sorprendermi, in negativo ma anche in positivo.
Prendiamo la schiacciata alla fiorentina, il dolce che nella mia città si mangia nel periodo di Carnevale. A me piace molto perché è una torta non troppo dolce, rustica, perfetta per fare colazione.


Beh, lui la mangia ma mi ha sempre detto che è poco più che pane, insomma, senza infamia e senza lode.
Perciò potete capire il mio stupore quando, alcuni giorni fa, mi ha suggerito di usare parte dei due kg di fragole che aveva acquistato per fare, appunto, una variazione sulla schiacciata in questione.
Detto fatto!!
Per fare questo dolce esistono probabilmente tante ricette quante sono le famiglie fiorentine. Io ho usato quella che facevano la nonna Lea e la mamma nella cucina di via Laura, con gli ingredienti misurati a cucchiaio. Ma non un cucchiaio qualsiasi, bensì quello grande, col manico forato per appenderlo, con la sigla U.S. stampigliata che il nonno Mario aveva portato a casa dalla prigionia in Texas.
Io per comodità ho convertito i cucchiai in grammi. Anche perché non ho qui quel cucchiaio.
Dunque vi serviranno:

250 gr di farina 00
125 gr di zucchero
100 ml di latte
70 ml di olio (io ho usato quello di girasole o in alternativa un olio extra vergine di oliva delicato) da unire   a 30ml di latte per un totale di 100 ml
1 uovo medio/grande
1arancia (succo e buccia grattugiata
1 bustina di lievito per dolci
1 pizzico di sale
Fragole: per la quantità regolatevi voi!

Per prima cosa ho montato l'uovo con lo zucchero, poi ho unito i 100 ml complessivi fra olio e latte, la buccia grattugiata, quindi un pizzico di sale, la farina e il lievito setacciati, poi il succo di arancia. A questo punto vi servirà del latte per avere un impasto morbido, ma non troppo, e forse non saranno necessari tutti i 100 ml presenti fra gli ingredienti. Inoltre io preferisco avere la giusta consistenza aggiungendo più succo di arancia che latte perché in questo dolce il sapore dell'arancia mi piace che si senta bene. 
Trasferire il composto in una teglia rettangolare perché questa è la forma classica della schiacciata alla fiorentina e distribuire sulla superficie le fettine di fragole.
Cuocere a 180° C per almeno mezz'ora.







Giorni

Giorni in cui ti senti un'energia infinita, rivolti la casa come un calzino, pulisci, declutteri, fai ordine nello spazio e nella mente, spunti tutta la to-do-list giornaliera e pensi che potresti fare ancora altrettante cose.
E giorni in cui hai l'energia ai minimi storici, senza un motivo plausibile o scatenante ed è già grassa se riesci a fare il minimo sindacale.

Giorni in cui ti piaci, ti vedi quel certo non so che e ti trovi addirittura carina.
E giorni in cui vorresti indossare un sacco di iuta ed eviti ogni specchio della casa. Persino le vetrine quando sei fuori.

Giorni in cui ti senti circondata d'amore, capita e considerata.
E giorni in cui ti senti incompresa, data per scontata e gli rovesceresti in testa la scodella di pasta.

Giorni in cui ti sembra di stare sulla strada giusta della genitorialitá, in cui ti fai domande, ti metti in discussione, ma sai dove orientare il timone.
E giorni in cui tuo figlio ti sembra un estraneo privo di logica e raziocinio, in balìa dell'istinto, e credi di aver perso il navigatore, ti fai un sacco di domande, pensi di aver sbagliato tutto e il timone ti resta in mano.

Giorni in cui ti senti una persona equilibrata, in gran parte risolta, in pace con il mondo, una cittadina, figlia, sorella, zia e amica decente.
E giorni in cui l'equilibrio va a farsi un giro, i nodi si riaggrovigliano, ti senti in guerra con tutti e ti mangiano i sensi di colpa perché sei una sorella lontana, una figlia che non "vive" i propri genitori, mentre gli anni passano, e per di più li ha delusi non finendo l'università. Senza contare i soldi spesi per questo.

Poi giorni in cui tutte queste cose si mischiano, si intrecciano. E per fortuna si acquietano. In parte da sole, in parte perché ho capito come fare...pensando una cosa alla volta, concentrandomi su qualcosa  che mi piace. E avendo tanta pazienza con me stessa.

E forse un giorno, chissà, finirò i miei studi!





venerdì 4 aprile 2014

La #dosequotidianadistoriadellarte in trasferta sul blog per problemi tecnici




Questa Annunciazione costituisce la cimasa del Polittico di Sant'Antonio, conservato alla Galleria Nazionale dell'Umbria di Perugia e realizzato da Piero della Francesca intorno al 1460. La struttura è apparentemente semplice: a sinistra l'angelo inginocchiato, vestito di azzurro, le ali di colomba aperte, le braccia incrociate sul petto, guarda Maria che sta sulla destra, in piedi, il capo chino, gli occhi bassi, il libro delle preghiere nella mano sinistra con l'indice a tenere il segno, le braccia incrociate sul petto. Fra i due si aprono gli archi di un loggiato che con la loro fuga creano uno sfondamento prospettico e catturano l'occhio dello spettatore. Una colomba, simbolo dello Spirito Santo, plana dall'alto in un'aureola di raggi dorati che procedono verso Maria. Sulla sinistra un giardino al centro del chiostro, citazione dell'hortus conclusus, simbolo della verginità di Maria.
Fin qui niente di sostanzialmente diverso da tante altre annunciazioni. Se non che...
La collocazione di Maria nello spazio è molto complicata: guardando la sua testa, essa sembra di fronte all'arco che la inquadra, se invece guardiamo i suoi piedi, essa appare sotto la loggia; inoltre, ricostruendo in pianta l'ambiente architettonico della scena, sulla linea visuale fra l'angelo e Maria si trova una colonna come risulta evidente osservando la griglia del pavimento. La lastra di marmo bianco su cui è inginocchiato l'angelo è la stessa su cui posa la Vergine. Siamo di fronte ad un gioco prospettico creato dal maestro con infinita bravura.
Piero rappresenta Maria nel momento della humiliatione quando cioè ella dice "eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che tu hai detto". E l'angelo, quindi non è stato dipinto nell'atto di giungere, ma in quello di mettere in moto le ali per ripartire mentre subito dall'alto, lo Spirito Santo sotto forma di colomba, discende subito su Maria per compiere quel mistero che è il centro della storia della salvezza dell'uomo e quindi centro del dipinto di Piero. E proprio la prospettiva rappresenta quel mistero: tra lo spazio angelico di Gabriele e quello umano di Maria c'è una separazione, un cono prospettico, come un terzo spazio momentaneamente pieno di assenza, un vuoto incolmabile. Lo spazio divino è nettamente separato da quello umano dopo il peccato originale. Ma ecco che con Maria i tempi si compiono e quando risuona il suo Fiat, quello spazio vuoto si ricolma di Spirito Santo e diviene il grembo di Maria.
E poi c'è la luce: diffusa, chiara, individua ogni oggetto, ne sottolinea la forma, la posizione. Questa luce ereditata dall'Angelico e dal Veneziano non è una luce beatificante, idilliaca, è una luce diurna, razionalizzatrice che fornisce all'uomo la certezza e ne esalta le facoltà mentali.
Il colore contribuisce a far apparire gli uomini marmorei, statuari. Il cielo azzurro sottolinea il distacco e l'indipendenza dei singoli personaggi. I colori ad olio permettono a Piero straordinari dettagli nella serie di capitelli che corrono verso il punto di fuga; ogni architrave, ogni colonna, proietta una sottile striscia di ombra nello splendido chiostro che sembra superare ogni ispirazione che Piero aveva tratto dall'architettura dell'Alberti.