martedì 13 maggio 2014

Una gemma etrusca

La scorsa estate mentre ri-leggevo Sotto il sole della Toscana e mi ri-innamoravo di Cortona, ho scoperto l'esistenza di un reperto etrusco conservato al Maec (Museo dell'Accademia Etrusca e della città di Cortona).
Ricordo di aver cercato delle immagini mentre mi trovavo in spiaggia e di essere rimasta affascinata da quanto ho visto e letto. Ho però aspettato di vederlo coi miei occhi prima di scriverne.
Leggendo qua e là ho cercato di mettere insieme una spiegazione valida sul significato e la simbologia espressi da questo reperto.


Si tratta di un lampadario in bronzo, da appendere al soffitto, con un diametro di 60 cm e un peso di 57 kg, rinvenuto fortuitamente nel 1840 nella zona di Fratta, vicino a Cortona, destinato probabilmente ad un santuario di rilievo della zona, realizzato forse in una officina orvietana intorno alla metà del IV a.C.

Al Maec è presente anche un calco in gesso che credo sia fruibile per i non vedenti. La sua presenza è comunque per tutti un valido aiuto in quanto il colore brunito del bronzo e il fatto che il lampadario vada osservato a testa in su perché appeso al soffitto, rendono difficile un'attenta osservazione di tutte le figure che lo decorano.



Documentandomi in rete ho capito che non esiste una interpretazione univoca del significato di questa opera. Quella che mi ha convinto ed affascinato di più è che si tratti di una rappresentazione simbolica, allegorica appunto dello scorrere del tempo e della vita. La lettura procede analizzando i cerchi concentrici sui quali sono disposte le figure, dall'interno verso l'esterno.






Al centro di questo oggetto che spandeva luce ci si aspetterebbe di trovare un simbolo solare. In realtà, nel disco più piccolo troviamo un gorgoneion con una smorfia inquietante, la bocca spalancata, i canini aguzzi, la lingua pendente e intorno a questo volto tanti serpenti e una decorazione ad onde.
Potrebbe comunque trattarsi del sole, non nella sua accezione benefica, ma in quella più terribile e spaventosa.
Procedendo verso l'esterno, nella circonferenza successiva troviamo 4 gruppi di animali, in ciascuno 2 fiere divorano 1 animale domestico: 2 lupi mangiano 1 porco, 2 leoni sbranano 1 cavallo, 1 belva non identificabile con 1 grifone strazia 1 bue e altri 2 lupi ghermiscono un cervo. In tutto sono 12 animali, tanti quanti i mesi, raggruppati in 4 trimestri: il loro circolo dunque compone il cerchio dell'anno. Apparentemente è una visione parecchio pessimistica del ciclo cosmico nel quale a soccombere sarebbero solo gli animali miti e domestici.
Ma come si sa, vivere significa anche divorare e soppiantare altre esistenze. In questa ottica il gorgoneion centrale potrebbe essere il sole nel suo aspetto più spaventoso, simbolo del tempo, del suo scorrere continuo, inarrestabile, fatto di vita e anche di morte, capace di comprendere al suo intermo tanto il mistero della nascita quanto quello della morte.
I 12 animali sono seguiti da un cerchio di onde che richiamano l'acqua corrente, sempre in moto, mai uguale a se stessa, un simbolo molto diffuso a quel tempo. In questa ottica, anche i serpenti che circondano il gorgoneion centrale, così arricciati e sinuosi, potrebbero ricordare il movimento di un corso d'acqua.



Ed eccoci arrivati al cerchio più esterno sul quale si alternano sileni e sirene. I primi hanno sulla testa una tenia e suonano la syrinx o il doppio aulòs e sotto i loro piedi si innalzano onde stilizzate su cui guizzano dei delfini. Le seconde, con la testa leggetmente all'indietro e la bocca aperta, le braccia piegate sul petto in un gesto cultuale, erano figlie della Terra e del fiume Acheloo di cui si hanno qui 16 protomi in forma di toro androcefalo.
Anche qui domina l'alternanza: il maschile e il femminile, le cose celesti e quelle terrene, l'alto rappresentato dalle ali delle sirene, e il basso rappresentato dai delfini sulle onde. In corrispondenza di queste 16 figure alternate brillavano le fiamme di 16 lampade, numero che rimanda alla tipica suddivisione etrusca del cielo in 16 regioni a scopo divinatorio come già largamente attestato da Cicerone, Livio e Varrone.



Ed eccomi qua, sotto il grande lampadario e la sua fichissima installazione al Maec di Cortona.
Se vi capita, andateci. La città merita già di per sé, ancor più se si visitano l'Accademia Etrusca ed il Museo Diocesano. E se cercate compagnia, fischiate, son sempre pronta io!

Nessun commento:

Posta un commento