martedì 24 giugno 2014

Estati bambine

La scuola mi è sempre piaciuta tanto e non ricordo momenti in cui non ci sarei voluta andare, a parte quando è nato mio fratello e io pregavo la nonna di tenermi a casa promettendo che me ne sarei stata buona buona e non si sarebbe accorta di me. Non era il problema l'asilo allora, ma la gelosia. Probabilmente se mio fratello fosse nato a Luglio anziché alla fine di Marzo, avrei chiesto lo stesso di restare a casa con loro e di non farmi, che so, accompagnare il babbo e la mamma a fare la spesa.
Comunque, nonostante questo amore per la scuola, quando in primavera, prima di cena, sentivo le rondini garrire gioiose, ero felice perché sapevo che le vacanze erano vicine.
E le vacanze volevano dire un sacco di cose: passare qualche giorno da sola con gli zii del babbo nella loro casa a Viareggio, trascorrere le giornate a giocare nel giardino di casa che i miei dicevano, è umido, ci dà poco sole, ed io,invece adoravo e dove ho imparato ad andare in bici e  sui pattini a  rotelle, mettendo a dura prova le coronarie e il sistema nervoso della mia nonna, trasferirsi per un mese (Luglio) intero al mare, in una casa in affitto al Lido di Camaiore, trascorrere giornate infinite e pigre sulla spiaggia del Bagno Reginetta II, poi Milena, a Viareggio, stare qualche giorno a Montalcino da Ismena, giocare e litigare con mio fratello, uscire a fare la spesa, scendere in cantina col nonno a piantar chiodi e fare buchi col succhiello mentre lui si prendeva cura dei mobili e dei lavoretti di casa.
Ma due erano le cose che più mi piacevano in assoluto. La prima era andare al mercato di Sant'Ambrogio coi nonni. Quasi tutte le mattine, quando il babbo e la mamma erano ormai in ufficio, si partiva presto io e mio fratello coi nonni e il carrellino con le ruote: via Laura, via della Colonna, via Farini dove si buttava sempre un occhio alla cupola verdina della Sinagoga, via de' Pilastri, 


una sosta dal macellaio in via Pietrapiana, "me le dia morbide le fettine, mi raccomando, non come l'ultima volta", diceva ogni volta la nonna. E poi al mercato vero e proprio, frutta, verdura, la zona coi banchi dei contadini, tutti quei colori, i profumi, le voci, forza donna c'ho le pesche bone! Il carrellino via via si riempiva, avrei voluto tirarlo io, ma non mi era permesso, perché avrei potuto arrotare qualche persona!
Al ritorno più o meno lo stesso percorso, col caldo che iniziava a farsi sentire e il fresco che ci accoglieva varcato,il portone di casa. Che buio lì dentro, venendo da fuori, non si vedeva nulla. Poi la nonna andava in cucina per mettere a posto la spesa. Quando tirava su la pattina del carrello, veniva fuori l'odore concentrato delle pesche bianche e del basilico, che il fruttivendolo ci dava in omaggio.
Oggi ne ho comprato un mazzetto e ci ho fatto subito la pommarola, come faceva la nonna appena tornati dal mercato. Giusto, potrei farci le frittate trippate! Ma sto divagando.
L'altra cosa che mi piaceva moltissimo dell'estate era che c'era più tempo per uscire col nonno. Noi due da soli. Si andava ovunque, in centro, di là d'Arno dai suoi clienti tappezzieri per fare gli ordini del materiale necessario ( molle, cinghie, imbottiture, rivestimenti, capoc. E anche lì odori, profumi, pcolori, facce...). Ma la mia gioia era enorme quando il nonno mi diceva: " Ciuci, stamani si va alla Cassa di Risparmio."
Il che significava che mi sarei vestita bene, con un bell'abitino, i sandalini nuovi, mi sarei portata una borsetta a tracolla e sempre, sempre, portavo con me la carrozzina bianca e blu col mio bambolotto dentro. 
Ora lo so perfettamente che il nonno mi ha viziata alla grande, aveva una pazienza infinita con me. Ma penso anche di essere stata una bambina facile da gestire, molto ubbidiente...ricordo il saliscendi della carrozzina sul marciapiede ogni volta che si attraversava una via, la sosta al forno sull'angolo di via degli Alfani per comprare i fagioli cotti al fiasco, che come lì, da nessun'altra parte. E mentre camminavamo il nonno mi parlava sempre, mi diceva cose, mi raccontava storie. Su tutto, su quando era bambino, sulla città, sui nomi delle vie, dei palazzi.



Si passava davanti alla Pergola con il colore della sua facciata e la tettoia in ferro e vetro, davanti ad un ingresso secondario dell'Ospedale di Santa Maria Nuova, si svoltava in via Sant'Egidio e si costeggiava l'incasinatissimo parcheggio dell'ospedale




Poi, in corrispondenza di via Folco Portinari, 



il nonno mi raccontava che era il babbo di Beatrice, quella di Dante, (tutte cose che io allora ignoravo ma ascoltavo affascinata come una favola) che coi suoi soldi fondò alla fine del 1200 il primo ospedale della città.
Passata la sbarra del Pronto Soccorso, inizia Via Bufalini e subito c'era la banca. Si entrava qui, in questo palazzo, io sempre con la mia carrozzina al seguito, in un androne col pavimento in marmo.



E poi, fatti pochi passi si apriva una meraviglia delle meraviglie.







Ero piccola, non sapevo nulla di architettura e storia dell'arte ma capivo che c'era una gran differenza fra l'ingresso della banca e questo spazio pieno di luce, enorme, silenzioso, rivestito di pannelli in legno, con tante finestre quante non ne avevo mai viste altrove.
Il nonno prendeva la distinta per versare o ritirare i soldi, apriva la cerniera di quella cartella portadocumenti che aveva con sè, estraeva la sua Bic nera, con la punta rigorosamente fine e scriveva. Io mi guardavo attorno, osservavo le impiegate vestite eleganti, con i tacchi, il rossetto e il profumo, alcune scendevano quella sinuosa scala a chiocciola,mi sembrava un posto ganzissimo, pieno di stile. Ricco, forse perché era una banca. Poi si andava al bancone sul quale c'era per me il pezzo forte: ogni sportello aveva a fianco una lampada di quelle verdi, da scrivania, con la catenella di metallo.

Col tempo sono andata a studiare: la nuova ala della sede centrale della cassa di Risparmio fu realizzata nel 1957 da Michelucci, lo stesso che progettò la stazione di Santa Maria Novella.
Da bambina i pannelli di legno nel grande spazio della banca mi affascinavano non poco con le loro venature. Poi ho trovato queste parole di Michelucci, amante del legno : “ Io sono attaccato alle radici degli alberi, sono un ulivo, una quercia, un castagno...” 

2 commenti:

  1. Il sapore delle vacanze e' indimenticabile, alla fine non si faceva mai nulla di eccezionale ma era la sensazione di libertà e la serenità che quel "far niente" regalava ad essere speciale...si cresceva molto d'estate perché la strada, la piazza, il paese, erano la vera scuola. Vorrei tanto che per i miei figli sia lo stesso, che possano assaporare la stessa atmosfera e godere della bellezza di questo periodo. L'asilo finirà definitivamente venerdì, cercherò di fare del mio meglio per regalargli vacanze indimenticabili....che poi se lo saranno per loro, lo saranno anche per me.

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  2. Lo saranno. I ricordi si costruiscono senza che ce ne accorgiamo e costituiscono la nostra persona. Ho sempre ricordato tanto, con l'età molti di quei ricordi hanno acquisito un senso più profondo, una spiegazione, come pezzi di un puzzle che vanno al loro posto. Sono una forza per me, anche quelli meno felici, trovo sempre in loro qualcosa che mi offre energia e mi rasserena.

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