venerdì 4 aprile 2014

La #dosequotidianadistoriadellarte in trasferta sul blog per problemi tecnici




Questa Annunciazione costituisce la cimasa del Polittico di Sant'Antonio, conservato alla Galleria Nazionale dell'Umbria di Perugia e realizzato da Piero della Francesca intorno al 1460. La struttura è apparentemente semplice: a sinistra l'angelo inginocchiato, vestito di azzurro, le ali di colomba aperte, le braccia incrociate sul petto, guarda Maria che sta sulla destra, in piedi, il capo chino, gli occhi bassi, il libro delle preghiere nella mano sinistra con l'indice a tenere il segno, le braccia incrociate sul petto. Fra i due si aprono gli archi di un loggiato che con la loro fuga creano uno sfondamento prospettico e catturano l'occhio dello spettatore. Una colomba, simbolo dello Spirito Santo, plana dall'alto in un'aureola di raggi dorati che procedono verso Maria. Sulla sinistra un giardino al centro del chiostro, citazione dell'hortus conclusus, simbolo della verginità di Maria.
Fin qui niente di sostanzialmente diverso da tante altre annunciazioni. Se non che...
La collocazione di Maria nello spazio è molto complicata: guardando la sua testa, essa sembra di fronte all'arco che la inquadra, se invece guardiamo i suoi piedi, essa appare sotto la loggia; inoltre, ricostruendo in pianta l'ambiente architettonico della scena, sulla linea visuale fra l'angelo e Maria si trova una colonna come risulta evidente osservando la griglia del pavimento. La lastra di marmo bianco su cui è inginocchiato l'angelo è la stessa su cui posa la Vergine. Siamo di fronte ad un gioco prospettico creato dal maestro con infinita bravura.
Piero rappresenta Maria nel momento della humiliatione quando cioè ella dice "eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che tu hai detto". E l'angelo, quindi non è stato dipinto nell'atto di giungere, ma in quello di mettere in moto le ali per ripartire mentre subito dall'alto, lo Spirito Santo sotto forma di colomba, discende subito su Maria per compiere quel mistero che è il centro della storia della salvezza dell'uomo e quindi centro del dipinto di Piero. E proprio la prospettiva rappresenta quel mistero: tra lo spazio angelico di Gabriele e quello umano di Maria c'è una separazione, un cono prospettico, come un terzo spazio momentaneamente pieno di assenza, un vuoto incolmabile. Lo spazio divino è nettamente separato da quello umano dopo il peccato originale. Ma ecco che con Maria i tempi si compiono e quando risuona il suo Fiat, quello spazio vuoto si ricolma di Spirito Santo e diviene il grembo di Maria.
E poi c'è la luce: diffusa, chiara, individua ogni oggetto, ne sottolinea la forma, la posizione. Questa luce ereditata dall'Angelico e dal Veneziano non è una luce beatificante, idilliaca, è una luce diurna, razionalizzatrice che fornisce all'uomo la certezza e ne esalta le facoltà mentali.
Il colore contribuisce a far apparire gli uomini marmorei, statuari. Il cielo azzurro sottolinea il distacco e l'indipendenza dei singoli personaggi. I colori ad olio permettono a Piero straordinari dettagli nella serie di capitelli che corrono verso il punto di fuga; ogni architrave, ogni colonna, proietta una sottile striscia di ombra nello splendido chiostro che sembra superare ogni ispirazione che Piero aveva tratto dall'architettura dell'Alberti.

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