Questi tesori per noi fiorentini sono come dei familiari o dei cari amici, li sentiamo nominare quando ancora siamo alla lallazione, entrano spesso nel parlato quotidiano, ci vengono mostrati fin da piccini dai genitori, dai nonni, da un qualche parente amante dell'arte, dalle maestre alle elementari. Almeno per me è stato così.
Per inciso, aggiungo che negli ultimi anni i principali musei hanno organizzato dei percorsi studiati per i bambini che visitano l'esposizioni e le mostre temporanee in modo adatto a loro e questa è una cosa che mi piace tantissimo.
Ora, anche se il patrimonio artistico a noi fiorentini viene infuso col latte materno o nel biberon, la storia della nostra città è stato tanto lunga e importante, che le opere sono un numero così grande da non poterle conoscere tutte; spesso ci sono tesori nascosti in posti impensati, lontani dagli usuali percorsi turistici, manufatti che non compaiono nei comuni libri di storia dell'arte.
Io quando ne scopro uno, mi esalto, letteralmete. E mi chiedo, ma perché non lo conoscevo, perché nessuno me ne ha mai parlato?
Ieri, mentre facevo il mio solito giro settimanale fra Twitter e Instagram, ho avuto una folgorazione di fronte ad una foto. Volevo postare l'opera per la mia abituale #dosequotidianadistoriadellarte ma guardandola bene ho visto tanti di quei dettagli che ho pensato che fosse meglio condividerli mediante un post qui. Magari non interessa a nessuno o a pochi, ma l'arte mi incanta sempre e mi infonde una grande speranza nell'uomo che quando vuole riesce a fare cose meravigliose. Quando vuole.
Dunque, come sapete, la rovinosa alluvione del 4 novembre 1966 danneggiò moltissime case e tante opere d'arte sopratutto nelle aree più vicine al corso dell'Arno.
In occasione del 40ennale, l'Opificio delle Pietre Dure di Firenze ha restituito al Museo di Santa Croce, chiesa vicinissima al fiume e quindi invasa dalle sue acque, ben 8 capolavori di pittura fiorentina dei sec XIV-XVI restaurati.
Fra questi La Discesa di Cristo al Limbo realizzata da Agnolo Bronzino nel 1552.
La grande tavola (443,5x296 cm) che raffigura la liberazione delle anime oneste nate prima della venuta di Cristo è piena di corpi, nudi, bellissimi,aggraziati, armonici, studiati, raffigurati da ogni angolazione. Al centro la figura luminosissima di Cristo.
Apprezzo molto le opere che hanno un tema sacro, religioso, all'interno del quale entrano più o meno prepotentemente la materialità, la corporeità della vita terrena. In fondo siamo anima e corpo...
Le donne ritratte nell'opera, quasi tutte rivolte verso lo spettatore, sono figure femminili assai note ai tempi per la loro bellezza.
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