Poi ho ricevuto una chiamata: "E' morta Lucrezia" mi son sentita dire dall'altro capo del filo, tra le lacrime e i singhiozzi...
Ho spento la fiamma, mi sono dovuta sedere per cercare di capire come fosse plausibile la scomparsa di una ragazzina di 14 anni che è stata in classe con Lorenzo alle elementari e alle medie.
Son rimasta seduta, finita la telefonata, le mani sudate, il cuore accelerato, la mente svuotata, fatta eccezione per un assurdo pensiero che vorticava nel vuoto: magari si è sbagliata, ha capito male (non volermene, Patrizia!)
L'ho detto subito a Lorenzo, volevo che lo sapesse da me, non dal tam tam che di lì a poco si sarebbe scatenato su Whatsup.
E' diventato bianco come la carta e se ne è andato nella sua camera, silenzioso. Più silenzioso del solito.
Ho riacceso la fiamma, ho finito di cuocerlo a forza di lacrime quel risotto e a forza l'ho ingoiato.
Sono passate settimane, ma se vi dicessi che dopo quella domenica è tutto normale, mentirei.
Sono stata attraversata da tante emozioni, forse perché mi trovavo a fronteggiare anche delle preoccupazioni personali.
Più di tutto mi sono sentita triste, sbigottita, incerta, impaurita.
Sono stata travolta dai ricordi, dalle immagini del tempo trascorso con quella famiglia.
Ho dei flash chiarissimi come le espressioni eccitate e meravigliate dei bimbi al Castello di Babbo Natale a Frontone, in una domenica di freddo e sole, nella quale, ovunque ci girassimo, vedevamo solo neve!
O i caffeini che la mamma di Lulù mi ha preparato tante volte a casa sua, accompagnati da chiacchere, confidenze, scambi di idee.
La prima mamma con la quale ho avuto feeling, affinità.
Una mamma "grande" ai miei occhi perché cresceva con dolcezza il suo primogenito e i tre gemelli coetanei di Lorenzo, il trio, come li chiamavo io con lei.
E in un certo senso, ho provato su di me un po' del suo dolore...
...un po', perché io riesco a stento ad immaginarmelo.
Quando ci provo, mi sento un po' presuntuosa.
Perché non posso sapere davvero...
Ho cercato anche, in questi mesi, di trarre da questa tragedia degli spunti positivi. E ne ho trovati, per quanto possa sembrare assurdo. O folle.
Il giorno del funerale, con quella sua aria fredda e il sole sfacciato, Don Luca ha detto "riempite di vita i giorni". Quelle parole sono andate a puntellare la convinzione che avevo già, che la vita è qui e ora, fatta di piccolissime cose, apparentemente insignificanti, e ne ho fatto un mantra.
Ho scoperto che la mia sensibilità continua ad essere un dono e una condanna.
Che se una canzone si lega ad un ricordo triste, non riuscirai più a sentirla, ascoltarla sarebbe troppo, senza il nodo in gola e il pungere degli occhi. Non c'è storia.
Che la vista dei sacchettini del Calendario dell'Avvento, appeso nella loro cucina quando siamo andati a portare le nostre condoglianze, mi ha scavato un buco nel cuore...la gioia di aprirli, uno ogni giorno, a turno fra i fratelli, magari con qualche bisticcio quando erano più piccini, per vedere quale fosse la sorpresa...e l'amara sorpresa che quel dicembre appena iniziato aveva portato con sé.
Ho scoperto sentimenti di mio figlio che non conoscevo.
Ho capito che non puoi evitare che il tuo cucciolo soffra.
Ho cercato di essere presente, di stargli vicino nella maniera più utile per lui.
Senza fare domande, aspettando che fosse lui a parlare, a tirare fuori il suo dolore, lo smarrimento, la paura.
Lo ha fatto, a rate. E penso che non abbia ancora finito.
Ho scoperto che crede profondamente nella amicizia.
Che ha pochi amici, ma veri. Seleziona, insomma.
Che per lui l'amicizia non ha sesso.
Che vede le ipocrisie e non le regge.
Che è riservato.
Che non esterna, come faccio io.
Che se può, aiuta. Spontaneamente. E ama farlo.
Lucrezia vien fuori ancora nei nostri discorsi.
Sorride nella foto ricordo che ci hanno dato e che mio figlio ha deciso di mettere sul comodino, fra i sassi dipinti e l'astronavina di Star Wars della Lego.
E so che ci pensa a lei, anche se non lo dice, forse più spesso di quanto io immagini.
Io penso ogni giorno a lei, ai suoi cari.
Alla sua mamma, in modo particolare.
Ci penso ogni volta che torno a casa, percorrendo la statale e, laggiù, in fondo al campo che ospita alternativamente il grano e i girasoli, vedo il tetto della loro casa...
Sono una codarda, perché questo post non sono riuscita a leggerlo fino in fondo ma è troppo forte il dolore per notizie così. E' il mio più grande incubo dal quale non so proteggermi perché non è detta che succeda solo agli altri, nessuno ne è al sicuro e comunque quando un dolore così grande ti passa così vicino, è come se fosse anche tuo. No non so trovare dei motivi ad una tragedia così, non ne sono capace, sono troppo normale per riuscirci, e posso solo dire che la vita è troppo spesso ingiusta e cattiva.
RispondiEliminaNon so fino a dove tu sia arrivata a leggere...comunque, neanche io ho risposte. So che quella paura che capiti a noi ci accomuna tutti e penso che ce l'abbiamo presente, per fortuna il nostro istinto di conservazione ce la fa accantonare. Il senso di ingiustizia, quello mi brucia dal momento che ho ricevuto la notizia e credo non se ne andrà facilmente-
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